28 marzo 2025 - La quotidianità si contraddistingue ormai in un costante cambiamento di scenari in cui qualsiasi principio di business continuity viene stressato dai più svariati fenomeni che incidono sulla nostra capacità di fare impresa: quasi quasi il 2008 era stata una passeggiata di salute se paragonato agli ultimi 4 anni. In tutto ciò il “privato” naviga sul mercato dotandosi di strumenti di Governance sempre più flessibili (in termini di pianificazione, programmazione e capacità di reazione), mentre il Pubblico fatica ad adeguarsi: nei porti la Governance funziona se si è capaci di valorizzare la sua dualità, tra concedente e concessionario, attraverso il rispetto delle regole, da parte di entrambi, ma anche della condivisione degli impatti dei cambiamenti: ci riferiamo al noto tema del riequilibrio economico finanziario (bilaterale) che facciamo ancora fatica a far diventare un normale strumento e virtuoso strumento di partnership tra chi investe, opera, produce e chi concede, verifica e controlla.
Prossimi alla Pasqua l’attesa di Godot si sfuma:
recentemente è stato richiamato in un articolo quella che fu l’azione del
Cardinale Siri in un momento aspro del Porto di Genova; probabilmente un
modello di mediazione irripetibile, ma forse anche inutile in un contesto in
cui, ribadiamolo, le regole e gli strumenti per una governance efficace sono
scritti nelle norme vigenti al netto della dimostrazione che non bastano le
leggi se poi non c’è la volontà, capacità, opportunità di metterle in pratica.
Ciò non significa che una centralizzazione della visione,
pianificazione, capacità decisionale, come diciamo da tempo, non serva, anzi,
ma è anche vero che nel frattempo gli strumenti normativi a disposizione si
possano sfruttare al meglio.
Magari, così facendo, alcune situazioni conflittuali e di
disordine in diverse portualità non si sarebbero verificate, magari, se la
relazione centro periferia fosse stata esercitata in modalità diversa, alcune
sintesi, composizioni o scelte, sarebbero state gestite per tempo senza
lasciare alibi a chi si è poi trovato a dover utilizzare strumenti diversi per
affermare le proprie aspettative o il proprio piano di impresa.
Il controllo qualità sulle scadenze non è andato a buon
fine. È evidente e ben si comprende che la “politica” debba fare i conti con
equilibri e rapporti che vanno ben oltre i porti: la portualità è centrale,
strategica, essenziale a seconda del contesto, del momento, delle priorità; con
tutto quello che succede in giro per il mondo, le campagne elettorali che si
susseguono in giro per l’Italia, le dinamiche di mercato, tutta questa
centralità pare non godere sempre della stessa attenzione e efficacia.
A livello mondiale Stati e Big Player giocano, a vario
titolo, partite geoeconomiche e
politiche anche sui porti e sulla logistica, tra dazi annunciati e
riposizionamenti di hub produttivi, in Europa permangono le incertezze tra ETS
e Omnibus annunciati, mentre nella penisola si fa fatica a fare sintesi per 11
Presidenti, si discute ancora di canoni concessori dopo la recente sentenza del
TAR, di Piani regolatori, di transizione energetica (non solo shore power), di
sostenibilità del prossimo bando sulla digitalizzazione: aver presentato i 3
progetti concreti la scorsa settimana non è stato per distrazione, ma perchè
sul resto abbiamo difficoltà a dire ai nostri associati qualcosa di concreto.