“Il declassamento della Direzione Territoriale ligure delle Dogane, che include gli uffici di Genova, Savona e La Spezia, è una decisione senza alcun senso e lo ha ancora meno se si pensa che è basata sull’applicazione di un algoritmo. Per questo abbiamo scritto ai parlamentari liguri, sollecitando un loro intervento e accogliamo con soddisfazione il fatto che alcuni abbiano già presentato o presenteranno nelle prossime ore, interrogazioni al Ministro competente. A rischio c’è, infatti, l’efficienza dei controlli doganali e si potrebbero creare ripercussioni sulla rapidità delle operazioni portuali e, di conseguenza, sulla competitività dei porti liguri. Porti, è bene ricordarlo, che contribuiscono in modo rilevante alle entrate nazionali con 4 miliardi e 600 milioni di euro tra dazi e Iva”.
Il Direttore Generale Spediporto Giampaolo Botta commenta
così la decisione presa dagli organi centrali di Agenzia delle Dogane e dei
Monopoli, che hanno retrocesso la Direzione Territoriale ligure dalla prima
alla terza fascia in una scala di sette, mentre gli uffici di Savona e della
Spezia sono passati rispettivamente dalla seconda alla terza fascia e dalla
prima alla seconda.
L’attacco di Botta è articolato e parte da una riflessione:
“In una regione dove sono stati fatti importantissimi investimenti per lo sviluppo delle infrastrutture portuali e di quelle ad esse afferenti, dove sta nascendo una Zona Logistica Semplificata che porterà a un imponente sviluppo dei servizi logistici è assurdo che l’organo territoriale di controllo e vigilanza, da sempre collocato in prima fascia, venga retrocesso addirittura in terza. Senza contare, e questo fa ancora più crescere l’indignazione, che alla Direzione ligure fa capo un sistema portuale regionale gateway (cioè dove vengono svolte le operazioni doganali di importazione, transito ed esportazione) che movimenta 3 milioni 534 mila teu all’anno, pari a quasi il 51% dell’intero traffico containers italiano”.
Ma come è possibile che si sia arrivati a questo
risultato? Al centro c’è la “metodologia Hay”, un sistema che valuta
l’organizzazione e le posizioni lavorative sulla base di tre fattori: know-how,
problem solving e responsabilità. In sintesi, è stato un algoritmo a decidere i
destini di queste strutture così essenziali per il buon funzionamento
dell’economia nel nostro paese.