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Cina, è crisi per l'immobiliare logistico

 


Rallenta il boom dell’immobiliare logistico cinese. Il settore, finora al riparo dalla crisi del comparto civile, sta facendo i conti con un rallentamento inaspettato delle attività commerciali. Il tasso medio di posti vacanti, in particolare nelle aree orientale e settentrionale del paese, si sta avvicinando ai livelli più alti degli ultimi anni. A dispetto delle aspettative positive sull’andamento dell’economia si registra un costante taglio delle locazioni e un accorciamento dei termini di contratto. 
A complicare la situazione l’eccesso di offerta prevista con il completamento e la consegna dei magazzini e dei parchi industriali pensati in previsione del boom del commercio elettronico. Secondo i dati di Cushman & Wakefield, riportati da Bloomberg, il tasso di magazzini vuoti nella Cina orientale, dove sono raggruppate molte proprietà logistiche, è salito al 19,2% nel primo trimestre. La quota complessiva di posti vacanti a livello nazionale raggiunge il 16,5%, grazie ad una migliore performance della regione meridionale. 
La situazione cinese è in contrasto con quella statunitense e degli altri competitor asiatici. Anche negli USA il settore registra rallentamenti in alcune aree del Paese ma i tassi di posti vacanti sono al di sotto delle due cifre, con una tendenza complessiva all’aumento dei prezzi degli affitti. Crescono invece gli asset logistici in realtà come Corea del Sud, Giappone e Australia, dove occupazione degli spazi e prezzi sono decollati. 
Stando a MSCI Real Capital Analytics, negli ultimi dieci anni le istituzioni globali hanno complessivamente investito più di 100 miliardi di dollari in magazzini, edifici industriali, torri per uffici e altri immobili commerciali cinesi. Investimenti stranieri che includono player come Blackstone Inc, PGIM di Prudential Financial Inc, GIC Pte e CapitaLand Group di Singapore e molti altri. La possibile risposta potrebbe essere la dismissione degli asset con le performance peggiori prima che gli affitti scendano ulteriormente. 
Tanto che anche i parchi industriali, cluster scientifici e tecnologici con edifici per uffici e impianti di produzione, stanno perdendo aziende multinazionali e locali. Secondo i dati di Colliers, nel primo trimestre il tasso complessivo di posti vacanti nei parchi commerciali di Pechino è stato del 20,5%. 
I fattori che stanno alimentando la tendenza sono svariati. La crescita dell’e-commerce interno (con un tasso di penetrazione per le vendite al dettaglio pari al 30%) è risultata più lenta del previsto, come conseguenza dei tagli alla spesa degli acquirenti, alle prese con i timori per il non brillante andamento dell’economia. C’è poi il reshoring di molte aziende che stanno abbandonando la Cina a causa delle tensioni geopolitiche. Infine, un sostanziale rallentamento del commercio transfrontaliero ha ridotto la necessità delle imprese di usufruire di strutture di stoccaggio nella Cina continentale.

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