2 febbraio 2024 - I momenti di crisi e di emergenza richiedono sempre virate brusche. Ed è quanto sta accadendo per i porti italiani messi alle corde dalla crisi nel Mar Rosso e costretti a cambiare rotta per sopravvivere a una contingenza negativa che potrebbe rivelarsi fatale. A sostenerlo è Alessandro Santi, presidente della Federazione italiana agenti marittimi, che ha sottolineato come all’impegno strategico e politico, così come militare e diplomatico, del Paese, debba affiancarsi un intervento, drastico come non mai nel passato, per ridurre quei gap infrastrutturali e amministrativi che ci relegano nelle ultime posizioni tra i paesi europei lontani dal ranking che ci competerebbe per propensione produttiva, export e posizione geografica.
“Purtroppo – prosegue Santi, sottolineando come i porti spagnoli stiano registrando un vero e proprio boom di traffici in tutte le filiere più importanti inclusa l’ortofrutta, l’acciaio, le materie prime e i containers – l’Italia continua a presentarsi sul mercato con indici di connettività dei nostri porti impietosi, così come con indici di performance logistici, relativi in particolare ai nostri collegamenti terrestri con il continente”.
E il contrasto con i porti spagnoli è stridente. “La crisi del canale di Suez – sottolinea Santi – ha determinato una performance notevole nel primo mese del 2024 (peraltro in un periodo di congiuntura globale) con un segno positivo globale del +3,4% rispetto allo stesso mese del 2023. Alcuni porti spagnoli come Tarragona, Las Palmas e Bilbao hanno segnato performance a doppia cifra. I risultati migliori sono stati ottenuti specialmente da alcune merci: il siderurgico (+18,2%), la frutta e la verdura (+ 19,3%), i cereali e i forestali. Per ultimo, come era prevedibile, un forte incremento della merce in transito via container con un +13,8% sul 2024”.
“È il momento di ripartire dalla specializzazione dei nostri sistemi portuali legandoli alle filiere produttive nazionali, dalle dorsali europee Ten-T, in un quadro ambientalmente sostenibile e resiliente che sia frutto di una visione che ci proietti ai prossimi 30 anni; trent’anni – conclude il presidente di Federagenti – nei quali non potremo lasciare ad altri la responsabilità e il diritto di governare le strategie sul nostro mare”.