12 luglio 2022 -
“Nel nostro Paese, ed è una constatazione drammatica, le grandi opere e grandi scelte strategiche vengono realizzate solo sull’onda emotiva di tragedie. È stato il caso del Ponte Morandi, sta avvenendo in materia di piano energetico del Paese a seguito della guerra in Ucraina, accadrà certamente anche per il controllo dei ghiacciai e della crisi idrica del Paese”.
A denunciarlo è il presidente di Federagenti (la Federazione nazionale degli agenti marittimi), Alessandro Santi, sottolineando come anche le strutture ministeriali siano prigioniere delle scelte sbagliate compiute negli ultimi decenni e specialmente della decisione di depauperare e smagrire, al punto da renderli inefficienti, gli uffici tecnici dei ministeri che dovrebbe sveltire le procedure di approvazione, verifica e realizzazione delle grandi opere.
Da più parti – sostiene Santi – viene sottolineato il rischio di congelamento e mancato avvio delle grandi opere infrastrutturali, siano esse inserite nel PNRR o indipendenti da questo piano.
“Il settore portuale e delle opere connesse con il funzionamento dei porti e della catena logistica – prosegue il presidente di Federagenti – sta diventando, e non solo per il caso della Diga di Genova, la cartina al tornasole di un sistema che non funziona e che non ha altra possibilità di funzionare se non attraverso l’adozione di norme speciali, come accaduto nel caso del Ponte Morandi”.
“Tutti gli operatori marittimi – conclude Santi – ma anche il mondo della produzione industriale che con la pandemia, quindi con la crisi della catena logistica mondiale e infine con la guerra in Ucraina, ha scoperto la centralità strategica dei porti, non possono più nascondere la testa sotto la sabbia e affermare che tutto va bene entusiasmandosi per le grandi prospettive schiuse dal PNRR.”
A peggiorare la situazione contribuisce – secondo Santi – in modo determinante l’atteggiamento oltranzista assunto dall’Europa in tema di sostenibilità.
“Ci troviamo difronte – conclude il presidente di Federagenti – a una sostenibilità impossibile, che rischia di penalizzare solo l’Europa che contribuisce per l’8% all’inquinamento mondiale e alle emissioni nocive. Bisogna cambiare rotta, pretendendo che l’Italia si doti di una visione strategica di paese di medio lungo termine”.