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Blocco dell’autotrasporto, 90.000 camion “fermi ai box”
25 febbraio 2022 - Non è un fermo a macchia di leopardo, ma un vero e proprio collasso del sistema dei trasporti su gomma in Italia. Secondo l’ultima rilevazione compiuta da Trasportunito, nelle regioni del centro sud sono coinvolte nel fermo in atto circa 25.000 imprese. Ma il dato più sorprendente viene da un sondaggio a livello nazionale: il 98% delle imprese di autotrasporto italiane, e non solo quelle del centro sud, condivide e giustifica l’azione di protesta in atto, manifestando totale solidarietà alle imprese che hanno bloccato i loro mezzi, non solo in segno di protesta per gli aumenti del carburante che dovrebbero assorbire in toto nei loro conti, senza poterli riversare almeno in parte sulla committenza e sulla merce, ma anche la totale assenza di qualsiasi segnale governativo di comprensione della gravità della situazione.
Fermi “ai box” sarebbero oggi circa 90 mila mezzi pesanti, il che corrisponde a un taglio di 30 milioni di quintali sulla capacità di trasporto e a conseguenze devastanti su settori come il trasporto di deperibili e l’ortofrutta.
Si calcola che altri 30-40 mila mezzi non siano in grado di superare e risolvere difficoltà di movimento rispetto a percorsi, triangolazioni e carichi/scarichi.
“È particolarmente grave – sottolinea Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito – che non si comprendano oggi le ragioni, in parte cronicizzate, in parte esplose per l’aumento dei costi di carburante, dell’autotrasporto italiano, costretto oggi a una protesta che assomiglia ogni giorno di più a un fermo tecnico, ovvero al blocco dei mezzi per impossibilità pratica di pagarne i costi di gestione”.
Nella lunga lista delle rivendicazioni di queste ore, frutto di un totale immobilismo del Ministero di riferimento, incapace di intervenire anche sul tema della carenza degli autisti, si registra il totale disinteresse nei confronti di una riforma del settore, imposta dall’Unione Europea (Regolamento 1055), con impatti fortemente negativi su una categoria ormai destrutturata.
Secondo Trasportounito le disposizioni comunitarie entrate in vigore senza alcun tipo di accompagnamento tecnico-normativo producono tre tipi di effetti negativi: l’eliminazione delle vecchie licenze e quindi la perdita secca di un patrimonio di 220 milioni di euro; il pericoloso livellamento, verso il basso, dei futuri operatori dell’autotrasporto in controtendenza rispetto agli slogan relativi alla sostenibilità del trasporto nonché modifiche inapplicabili agli asset normativi, amministrativi e istituzionali.
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