14 luglio 2021 - In apertura degli Stati Generali della Logistica nel Mezzogiorno organizzati da Confetra, presentando la relazione il presidente Confetra Mezzogiorno, Domenico De Crescenzo, si è soffermato particolarmente sulla politica industriale per la logistica, che nel nostro Paese in realtà non c'è. "... viviamo una realtà italiana al rimorchio in quanto non possediamo players nazionali di dimensione europea e mondiale nel nostro Paese. Se prendiamo la graduatoria dei premi 10 operatori logistici del nostro Paese, solo due sono italiani e si collocano al sesto e ottavo posto in classifica, gli altri sono tutte multinazionali che governano il nostro ciclo logistico."
Ciò è possibile
"anche perché la nostra industria, preferisce prevalentemente il Franco Fabbrica assegnando la gestione ed il valore aggiunto logistico agli operatori internazionali. Prima ancora di occuparci di infrastrutture, che pure sono importanti, dovremmo mettere in campo una politica industriale della logistica che è stata parte fondativa nella strategia tedesca di rafforzamento della competitività. Una retta è un paese che non dispone di una rete di connessione ed i servizi di collegamento competitivi per il tessuto industriale perde la sua battaglia ancora prima di combatterla incentivare l'industria italiana alla vendita con il Franco a destino e lavorare per il consolidamento di attori logistici nazionali sui mercati internazionali costituiscono due assi strategici un intervento. Senza un modello di politica industriale della logistica lo sforzo di potenziamento delle Infrastrutture sarà solo parziale e destinato a non consolidare tutti i benefici possibili per il tessuto economico. Quanto agli investimenti sulle reti si continua ad inseguire la nostra arretratezza, piuttosto che progettare il nostro fururo. I nodi della rete andranno interconnessi in modo efficiente per favorire l'intermodalità e la qualità delle infrastrutture deve essere tale da migliorare la struttura di costo. Pensiamo al rapporto tra porti e rete ferroviaria che ancora oggi è appesantito dai costi di manovra verso una rete nazionale che non consente nel Mezzogiorno neanche treni di 750 metri, mentre in Europa ma anche in parte del nord Italia viaggiano convogli superiori ai 2000 m con effetti facilmente immaginabili sulla struttura del costo non tenere la barra diritta sulla programmazione decisa e un male tutto italiano si ricomincia sempre daccapo è così si realizza davvero poco."
In conclusione
"...occorre ripensare integralmente alle infrastrutture in una logica di vera e propria politica industriale."