Neppure è sufficiente la semplice procrastinazione di qualche mese delle scadenze degli adempimenti fiscali, finanziari e contributivi, come previsto finora dal Governo con il Decreto così detto “Cura Italia”. Il rischio di una recessione globale determinata dal lockdown attivato nella maggior parte degli Stati, potrebbe provocare una reazione sull’offerta e sulla domanda aggregata, e la creazione di un panorama diffuso di crediti in sofferenza: il già strutturalmente difficile accesso alla liquidità, diverrebbe un vero e proprio miraggio soprattutto per le numerose micro, piccole e medie imprese che caratterizzano il tessuto economico italiano, le quali, prive della garanzia di un adeguato e rapido cash flow, potrebbero facilmente scivolare in una situazione fallimentare.
La soluzione dell’immediata iniezione di liquidità, che gode anche dell’autorevole endorsement dell’ex Presidente della BCE Mario Draghi, è essenziale per garantire nel breve periodo la vitalità della linfa produttiva della nostra economia. Tuttavia in relazione ad un orizzonte temporale più ampio, l’iniezione di liquidità, che molto presumibilmente sarà erogata quasi esclusivamente “a debito”, potrebbe non bastare. Allora bisogna rendere appetibile il Sistema Paese ricorrendo all’impiego di strategie di ripresa economica imperniate anche sull’impiego sistematico appunto delle zone economiche speciali, però secondo il single approach della “Zona Economica Speciale di Salvaguardia per tutta l’Italia”.
Questo è il modello di cui adesso il Paese ha bisogno per il suo rilancio e per essere veramente competitivo, ma a patto che esso valga per l’intero territorio nazionale e non si riduca ad essere il simulacro di ZES previsto dalla normativa vigente, che finora si è rivelata inadeguata, frazionata com’è, in diverse successive modifiche ed integrazioni (troppe in poco più di due anni dal varo del DL 91/2017) comprese quelle contenute nella Legge di Bilancio 2020.
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