«Un percorso ormai inarrestabile», così il Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno D'Agostino ha definito il processo che dovrà riconoscere – ma soprattutto applicare fino in fondo – lo status di Porto Franco Internazionale di Trieste. Un processo che è iniziato in maniera concreta nel corso del 2017 con un decreto attuativo del Trattato di Pace di Parigi, siglato nel 1947. Restano da mettere a punto alcuni tasselli, e su questo tutti i soggetti interessati concordano, ma ormai la strada è aperta per riconoscere l'unicità del regime da applicare allo scalo del Friuli Venezia Giulia. Su questo scenario si innesta la proposta di legge di Debora Serracchiani (ex Presidente della Regione FVG e oggi deputata PD) che propone detassazione stipendi, incentivi all'assunzione per le imprese e istituzione di Zone economiche speciali (ZES) in aree connesse al Porto Franco di Trieste.
«Il Decreto non è stato sufficiente, c'è un motivo culturale che non ci consente di sfruttare appieno le caratteristiche del Porto Franco. Dobbiamo spiegare a Roma – ha detto Serracchiani - cosa sia il Porto Franco e poi all'Unione europea il perché non glielo abbiamo comunicato. Le Dogane non sono cattive ma applicano una normativa che non riguarda il Porto Franco Internazionale di Trieste».Al Presidente di Confetra FVG, Stefano Visintin, è toccato invece spiegare, con una relazione in grado di rendere semplice una materia giuridica fondamentalmente complessa, le differenze sostanziali tra Porto Franco Internazionale e Zona Franca comunitaria. Proprio in riferimento a queste differenze, lo stesso Visintin ha poi chiarito la convenienza che ci sarebbe – una volta applicate le norme del Porto Franco Internazionale di Trieste in maniera completa – ad attivare attività industriali per la trasformazione delle merci in Porto Franco. Un punto fondamentale, quest'ultimo, per il quale si batte l'associazione degli industriali sul territorio, ieri presente con il Presidente Sergio Razeto.
«Trieste ha un’impresa che difficilmente non funzionerà, il Porto. Il Porto Franco è una grande opportunità – ha spiegato Razeto - soprattutto per merci da esportare in Cina, ma oggi non è possibile farlo. Ci sono altri porti e altre realtà che non lo vogliono, per questo queste cose non si fanno».
«Attenzione a fare richieste che possono risultare in contraddizione con ciò che già spetta per legge a Trieste e al suo Porto, Allegato VIII del Trattato di Pace di Parigi del 10.2 1947 divenuto legge dello Stato in data 28.11.1947 ed evidenziato anche nella Legge 84/94,– ha sottolineato il Presidente del Propeller Club di Trieste, Fabrizio Zerbini – perché si rischia maggiore confusione su un argomento di estrema importanza ma, generalmente, poco conosciuto al di fuori del settore specifico. E' necessario invece lavorare tutti assieme, istituzioni, politica ed operatori, perché lo status di Porto Franco Internazionale e la totale applicazione delle sue prerogative venga riconosciuto quanto prima possibile attivando rilevanti ricadute economiche ed occupazionali sul territorio regionale e con benefici anche per l’Erario dello Stato».