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L’incognita brexit e l’esposizione dell’economia veneta


3 novembre 2019 - L’incertezza derivante dal processo Brexit e le possibili alternative in termini di risultati stanno già producendo effetti su investimenti, finanza e programmazione futura in molti comparti industriali, oltre al timore delle conseguenze politiche. Se ne è discusso nei giorni scorsi, a Padova, nel corso dell’incontro «Brexit: quali conseguenze per il sistema economico del Veneto?», organizzato da Unioncamere del Veneto ed Eurosportello Veneto, in collaborazione con Nuovo Centro Estero Veneto e Direzione Interregionale Agenzia Dogane Monopoli per il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia.

L’incontro ha permesso di esporre i principali risultati sulle ricerche e indagini svolte e le implicazioni della Brexit nel contesto imprenditoriale europeo e in particolare veneto. Il Veneto è una regione molto legata al mercato inglese in cui nel 2018 ha esportato oltre 3,6 miliardi di euro di beni, ben il 15,6% del totale nazionale. La bilancia commerciale è rimasta costantemente positiva per 2,9 miliardi di euro.

E’ evidente che la Brexit avrà ripercussioni sulle imprese venete, le cui esportazioni nell’ultimo anno sono aumentate del +2% e anche nel primo semestre 2019 del +7,5%, effetto delle maggiori scorte delle aziende inglesi per tamponare eventuali blocchi alle frontiere o compensare almeno temporaneamente l’eventuale impennata dei dazi. Il Regno Unito è un mercato importante per l’economia del Veneto, dove pesa per il 5,8% delle vendite regionali all’estero, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. I rischi di un periodo difficile per il potere di acquisto degli inglesi e le inevitabili turbolenze sui mercati monetari con una sterlina sotto stress incideranno non poco nei flussi delle merci. Gli effetti diretti e indiretti prodotti dalla Brexit sull’economia del Veneto sono stati analizzati anche grazie al modello input-output multiregionale-multinazionale sviluppato da IRPET (Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana).

Tale consolidato sistema ha quantificato che il 2,1% del Pil veneto è attivato dai network intersettoriali e geografici che subiranno probabilmente modifiche a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’UE, valore superiore sia alla media del Nord Est (1,8%) sia nazionale (1,4%). In particolare, lo 0,3% della quota è dovuto agli effetti che si ripercuoteranno nel resto d’Italia e lo 0,5% agli effetti complessivi nell’Unione europea. L’esposizione del Veneto alla Brexit è stata calcolata in base a una simulazione basata sulla sensibilità del sistema economico regionale ai flussi di scambio Regno Unito-Europa, misurando l’importanza relativa di tali scambi nel determinare il Pil.

I comparti industriali più a rischio dovrebbero essere quelli con più alto livello di specializzazione, così come quelli più esposti verso l’export (in particolare agroalimentare e tessile-abbigliamento).
«Unioncamere del Veneto non sta a guardare attendendo gli eventi sul futuro dell’economia europea e italiana a seguito dell’uscita del Regno Unito dall'Unione europea, semmai si realizzerà, con o senza accordo. Con questo convegno abbiamo voluto comprendere e dare agli imprenditori una iniziale prospettiva per le scelte strategiche come l’export verso l’UK, gli investimenti diretti, la migrazione e la finanza – commenta Mario Pozza, presidente di Unioncamere del Veneto –Abbiamo voluto anche fornire informazioni utili per i connazionali che vivono e studiano nel Regno Unito. Una cosa comunque è ben chiara a tutti: questa rottura nella creazione della “Casa comune europea” e interessi nazionali non coincidenti alimentano sempre più l'incapacità dell'Europa di governare a una sola voce nei negoziati internazionali come fanno invece Cina e USA».

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