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Confesercenti Campania: negozi aperti di domenica una necessità



6 novembre 2019 - In Italia e in Campania torna il dilemma dei negozi aperti, o meno, di domenica. Una questione sempre aperta sulla quale Confesercenti Campania ha le idee molto chiare. «L’apertura delle nostre imprese nel giorno di domenica è dettato unicamente - sostiene Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Interregionale (Campania e Molise) - per necessità, dal momento che diventa un’opportunità per incassare a fronte di una crisi economica sempre presente. Bisogna fare una diversificazione, tuttavia, tra la zona del centro storico, di Napoli e delle altre città campane, o quelle investite dai flussi turistici costanti, dove vale la pena stare aperti anche di domenica, e le zone più periferiche dove il gioco non vale la candela. Nel primo caso i costi e i ricavi si mettono in positivo. È su questo ragionamento che Confesercenti si interroga. E la domenica aperta per i commercianti diventa un modo di offrire un servizio al consumatore ma soprattutto per necessità di dover incassare a fronte di una pressione fiscale insostenibile.

L’imprenditore - sottolinea Schiavo - ha il bisogno di portare a casa degli utili perché è socio di minoranza dello stato pagando sino al 68-70% di tasse, e quindi lavorare di domenica diventa una necessità e non una scelta». Vincenzo Schiavo, inoltre, invoca l’intervento dello Stato sulla pressione fiscale anche in relazione al proliferare dei negozi online.
«È urgente e necessario che lo Stati legiferi per frenare il grande tsunami che è l’online, composto da grandi piattaforme e imprenditori che fanno capo a soggetti giuridici presso altri paesi, dove c’è una pressione fiscale pari al 5-7%, pur vendendo gli stessi prodotti dei nostri negozi sotto casa. E così accade che se su 100 euro di incasso i nostri imprenditori danno 70 euro allo Stato e trattengono per loro appena 30 euro, il grande player online sugli stessi 100 euro ne incassa 93-95. Non è giusto, non si gioca con le stesse regole. Lo Stato intervenga affinché questi grandi imprenditori online versino quanto dovuto allo Stato in cui effettivamente operano. Sarebbe questo un mezzo utile anche per ridurre ad un massimo di 35-40% la pressione fiscale sui nostri imprenditori». Infine Schiavo commenta gli ultimi dati Unioncamere sullo Stato delle attività commerciali: «C’è finalmente una tendenza positiva, ma i problemi restano e le tasse sono sempre le stesse. Le difficoltà restano e riguardano soprattutto le piccole imprese. Si tenga conto, tra le altre cose, che il commercio e il terziario negli ultimi 10 anni sono stati protagonisti di svariati cambiamenti, subendo vessazioni (liberalizzazione, orari, come di lavoro come l’online) e i mutamenti del costo del lavoro».

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