Il grido di allarme lanciato da tempo dalla nostra società riguarda la difficoltà di potenziare e incrementare tutta la filiera produttiva necessaria per sviluppare l‘importante carico di lavoro acquisito, con l’inserimento di figure professionali - solo a titolo di esempio saldatori, carpentieri, tubisti, elettricisti, coibentatori, verniciatori - che oggi purtroppo non sono più attrattive per i giovani. Fincantieri ha assunto direttamente dal 2016 a oggi oltre 1.500 persone e altrettante ne assumerà nei prossimi anni, ma si trova nella situazione paradossale di non riuscire ad accompagnare la sua crescita per mancanza di professionalità.
La geniale ricetta industriale della Fiom di assumere in Fincantieri i lavoratori dell’indotto fa sorgere spontanea una domanda:
Dove si trovano le risorse in più che servono per costruire le navi?
La soluzione è quella di depauperare l’indotto che ha costituito e costituisce una componente essenziale per la crescita dell’azienda?
D’Andrea e la Fiom, invece di dedicarsi a dichiarazioni disancorate dalla realtà produttiva, dovrebbero preoccuparsi di collaborare in maniera attiva per recuperare nel nostro Paese una reale cultura del lavoro, ma forse questo è chiedere troppo a un’organizzazione che negli ultimi anni ha perso in Fincantieri più del 10% degli iscritti, rappresentando solo il 15% dei dipendenti, e che, senza portare valore aggiunto in termini di concretezza e propositività, si è distanziata sempre più dai lavoratori.