Il j’accuse lanciato dall’assemblea di Federagenti non si è tradotto nelle consuete lamentele, ma in un documento operativo concreto, denominato il “decalogo dello sblocca-mare” , che assomiglia a un vero e proprio guanto di sfida alla politica.
Il DECALOGO DELLO SBLOCCA MARE
- 1) Nominare un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Pianificazione dello Spazio Marittimo (scadenza 2020!!!) e potere di coordinamento sui dipartimenti dei vari Ministeri aventi competenze in materia (vedi Francia)
- 2) Identificare un numero limitato di porti, (3), aeroporti (1) ed interporti (4/5) da disciplinare in via speciale ai fini dell’internazionalizzazione della logistica italiana
- 3) Attribuire temporaneamente ad una short list di infrastrutture prioritarie per la competitività del sistema Paese le regole del “Decreto Genova”
- 4) Emanazione del Regolamento Concessioni portuali (e omologazione delle concessioni su base nazionale)
- 5) Creazione di un centro unico presso il MIT per Progettazione opere e gare d’appalto per tutte le AdSP (ITALPORT come ITALFERR?)
- 6) Portare le AdSP fuori dall’elenco ISTAT (165/2001) quantomeno per gli aspetti laburistici
- 7) Revisione legge Dragaggi
- 8) Agenzia delle Dogane funzionalmente sottoposta al MIT (come la Guardia Costiera)
- 9) Ritorno di Sindaci e Presidenti Regione in organi di gestione dei Porti superando la logica degli “Unicorni”.
- 10) Creazione dell’Agenzia centrale per il Registro Internazionale Italiano - Completamento/piena attuazione di quanto già previsto (RFI su ultimo miglio/Reti TEN-T/ SUDOCO)
Con alle spalle una sintetica relazione del Presidente Gian Enzo Duci, che ha evidenziato come il sistema economico italiano debba rispondere a 160.000 leggi (alcune vecchie di oltre un secolo ma sempre vigenti), mentre per la Gran Bretagna il corpus juris è strutturato in 3mila leggi, che sono 5.500 in Germania e 7mila in Francia, Federagenti ha sottolineato come ad esempio la Via della seta, grande opportunità potenziale per riportare a sud, verso il Mediterraneo, l’asse dei traffici marittimi fra l’Asia (grande player dell’interscambio mondiale) possa trasformarsi, in assenza di un’azione di emergenza contro il blocco da burocrazia, in un clamoroso e definitivo flop, per i porti, lo shipping, la logistica e l’intero sistema Italia. Come evitarlo? Come uscirne fuori? Federagenti non lancia un proposta. Mette a nudo i fattori di debolezza di un paese nel quale (nella migliore delle ipotesi) un semplice intervento in porto richiede un iter di sette anni, e indica soluzioni precise in un decalogo che sarà inviato ai vertici delle Istituzioni del Paese, alle quali si richiede risposte pratiche e non slogan.
Il primo punto del decalogo prevede la nomina di un sottosegretario presso la Presidenza del Consiglio che accorpi tutte le competenze relative al mare, ovvero a quello Spazio marittimo che potrebbe rappresentare più del 10% del Pil Paese. Secondo Federagenti è anche necessario individuare un numero limitato di strutture di logistica e di trasporto, in primis i porti, e liberarle dalle catene della burocrazia, gestendole come emergenze al pari di quanto applicato con il Decreto Genova. Ma il decalogo entra nel dettaglio operativo di una burocrazia che deve diventare un servizio e non un onere, ad esempio passando al Ministero dei Trasporti la competenza dell’Agenzia nazionale delle Dogane, costruendo un tavolo unico e agile di programmazione delle emergenze infrastrutturali, abbattendo i tempi burocratici per concessioni, per i dragaggi portuali, ma superando anche quel conflitto d’interesse che tiene fuori Sindaci e Regioni dalle cabine di regia dei porti.