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Un’Italia a doppia velocità anche nel settore della gestione dei rifiuti.


31 maggio 2019 - Un’Italia a doppia velocità anche nel settore della gestione dei rifiuti. Da una parte un Nord della penisola ampiamente infrastrutturato, con livelli di eccellenza a livello europeo nei campi della raccolta differenziata e nella valorizzazione della frazione umida urbana; dall’altra la difficoltà del Meridione a dotarsi di un efficiente ciclo di raccolta e di impianti in grado di trattare in loco la produzione di intere regioni come la Campania e la Sicilia.

Il risultato è l’emergere di crescenti contraddizioni. E il rafforzamento di una filiera economica basata sul conferimento dei rifiuti lungo un asse ad una direzione, da Sud a Nord, che alimenta una vistosa distorsione del mercato e del contesto entro cui articolare strategie innovative. È quanto emerso, alla Camera di Commercio di Napoli, dal Seminario divulgativo “Economia circolare e gestione dei rifiuti”, organizzato da Gam Editori e Casartigiani, evento realizzato con l’obiettivo di sottrarre l’argomento rifiuti all’ottica dominante dell’emergenza sanitaria, sociale e di ordine pubblico e di inserirlo nel quadro delle opportunità economiche del riciclo e della valorizzazione già adottate come traguardi strategici dalla normatuva europea.
 “A fronte di un aumento della raccolta differenziata non è stato ancora innescato il ciclo della valorizzazione della risorsa rifiuto,”
 ha avvertito Vincenzo Peretti, docente del dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Univerità Federico II.
 “L’economia circolare è innazituto un modello sviluppo, non un nuovo comparto economico e, su questo punto, manca una strategia nazionale. In Campania, dove andrebbero trattati circa 700mila tonnellate di rifiuti, servirebbero dai 15 ai 20 impianti di media grandezza e il piano regionale del 2015 che andava nella giusta direzione segna purtroppo il passo”.
 Ma la Campania è anche al centro di altre contraddizioni. In presenza di un impianto come quello di Acerra che è
“il più performante e grande d’Italia”, 
ha sottolineato Daniele Fortini, Presidente di LazioAmbiente Spa,
“si insiste su un falso problema”. “L’uso di inceneritori e politiche per lo sviluppo della raccolta differenziata non si escludono a vicenda. In un panorama in cui non si riesce a trattare la frazione organica va adottata la logica che vede nel rifiuto una risorsa da sfruttare”. 
E qui entrano in gioco le storture di una catena del valore incentrata più sul traferimento dei rifiuti che sulla loro trasformazione.
“Gli impianti di Padova, Pordenone e Bergamo, con oltre un milione di capacità complessiva di trattamento, hanno acquisito un vantaggio competititvo che influisce sui prezzi”. 
E rende più difficile lo sviluppo di un’infrastrutturazione nelle aree meridionali in cui andrebbe adottata una strategia di “distribuzione de icarichi ambientali” con impianti diffusi sul territorio di medie dimensioni (fino a 60mila tonnellate). Come uscire dal circolo vizioso? Intanto, come evidenziato da Francesco Iacotucci, amministratore unico di Asia Napoli,
 “favorendo, attraverso il ruolo del pubblico, un recupero del rapporto con la cittadinanza”.
 “L’aumento della quota di forsu mette rende ancora più necessaria la presenza di strututre adeguate sul territorio. Su questo punto il progetto per l’impianto di compostaggio prevista a Napoli Est rappresenterebbe un’occasione importante: la riduzione dei costi rispetto ad oggi ammonterebbe a circa 3 milioni di euro”. 
 Ma una soluzione potrebbe arrivare anche da parte privata. Luigi Vartuli con la sua URBEI (società specializzata in progettazione, costruzione e gestione, con soluzioni “chiavi in mano” – dal completamento dell’iter autorizzativo fino alla cantierabilità dell’opera, di impianti per il trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani) non esclude, anzi, un dialogo con il pubblico. Da parte sua ha già pronto un progetto per la realizzazione sul territorio metropolitano di Napoli del primo centro di smaltimento rifiuti per la produzione di compost ad uso agronomico e biogas per trazione.
 “La tecnologia applicata – ha spiegatoVartuli – non prevede alcun tipo di combustione e rilascio di sostanze nell’atmosfera. Il biocompost può essere utilizzato come concime per piante o colture intensive sotto terra mentre il metano andrebbe ad alimentare il circuito sempre più in sviluppo dell’autotrazione”.
 Localizzato in un’area idonea dal punto di vista urbanistico, compresa tra l’aeroporto di Capodichino, la tangenziale e il cimitero cittadino, il sistema, con un costo complessivo di 22 milioni di euro, è caratterizzato da un apparato di contenitori anaerobici e potrebbe rappresentare il primo tassello della strategia regionale di gestione del ciclo dei rifiuti.

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