Adesso la Corte di Cassazione si pronuncia nell’ambito di alcuni contenziosi relativi all'applicazione della normativa IVA forfetaria a contratti di leasing nautico a privati, contestati dall'Amministrazione finanziaria sul presupposto che si trattasse della simulazione di una compravendita e, conseguentemente, che inapplicabile l’IVA forfettaria (art. 7, comma 4, lett. f) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633). Tra i principali elementi di prova addotti alla base del cosiddetto “abuso del diritto” c’erano il maxi canone del 40%-50%, la sua corrispondenza al valore della permuta dell’usato, la durata di 36 mesi e l’importo notevolmente basso del canone di riscatto.
La Cassazione ha confermato le sentenze di primo e secondo grado delle Commissioni tributarie, che avevano visto l’Agenzia delle Entrate soccombente, con le quali è stato stabilito che il versamento di un maxicanone pari al 50% del prezzo dell'imbarcazione è “funzionale all'opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing” e il basso prezzo del riscatto finale è stato ritenuto coerente con il fatto che i canoni pagati dall'utilizzatore fossero effettivamente tali da coprire quasi interamente il costo finanziario dell'operazione e “non fosse nella specie interpretabile quale indizio di una carenza della funzione finanziaria del contratto” (Cass. Civile, anno 2019, Sez. 5, sentenza n. 9591).
Per quanto riguarda la contestazione dell’Agenzia delle Entrate secondo della correttezza dell’applicazione dell’IVA forfettaria anche ai canoni di pre-locazione, la Corte ha sentenziato come derivi “dalla necessità di consentire che l’imbarcazione fosse realizzata dal fornitore secondo le specifiche esigenze dell’utilizzatore” (Cass. Civile, anno 2019, Sez. 5, sentenza n. 9590).