Quali sono i possibili rischi? Proviamo a spiegare come Ryanair, Vueling e Iberia, tre compagnie a maggioranza britannica, potrebbero esserne colpite. Blocco totale del traffico aereo tra EU e il Regno Unito. Uno stop totale del traffico aereo tra il Regno Unito e l’Unione Europea: ecco il peggior scenario possibile.
Per quanto difficilmente realizzabile, questo è un rischio da tenere in considerazione. Ryanair, infatti, ha preferito scongiurare le conseguenze catastrofiche di un mancato accordo, inserendo una “clausola Brexit” nei suoi “Termini e condizioni”. Secondo tale clausola, la compagnia low cost irlandese ha il potere di cancellare i propri voli dopo il 29 Marzo 2019. Un altro grande rischio è che il Regno Unito, lasciando l’Unione Europea, esca anche dall’accordo “Open Skies” (Cieli aperti). Questo accordo consente alle compagnie aeree di collegare due città fuori dai propri confini nazionali.
Per esempio, è grazie a tale accordo se easyJet, che è un vettore britannico, può operare il volo Parigi−Copenghen. In caso di Hard Brexit, la Gran Bretagna dovrebbe quindi concludere accordi con ciascun Paese dell'Unione Europea affinché le compagnie degli Stati membri possano continuare ad atterrare sul suolo britannico. Simile è il caso di British Airways.
Nonostante non operi voli intracomunitari, la compagnia di bandiera del Regno Unito (nonchè la più grande per flotta) è parte di International Airlines Group (IAG), l’holding fondata insieme a Iberia e proprietaria della quasi totalità di Aer Lingus e Vueling, che ha la sua sede centrale a Londra. Proprio l’ubicazione della sede diventerebbe causa di parecchie problematiche in caso di no-deal. Alcune compagnie, tra cui easyJet, hanno preso l'iniziativa e hanno già stabilito nuovi quartieri generali all'interno dell'UE, in Austria per la precisione.
È bene non dimenticare che una ristrutturazione del genere avrebbe un forte impatto sul Regno Unito anche perchè comporterebbe la perdita di numerosi posti di lavori. Licenze di volo: un’altra grave minaccia per Ryanair a IAG In base al Regolamento 1008/2008, l‘autorità aeronautica di uno Stato membro può concedere una licenza di esercizio di volo solo se il vettore è effettivamente controllato da uno Stato membro o di proprietà di un cittadino UE.
Quindi, per attraversare i cieli intracomunitari, è essenziale disporre di una partecipazione maggioritaria europea. Considerando che, dopo la Brexit, il 70% di Ryanair sarà nella mani di shareholder non europei, come anche l’80% di IAG, è legittimo farsi turbare da alcuni interrogativi sul loro futuro. Ryanair ha già annunciato l'intenzione di "europeizzare" la sua base azionaria.
Tra i futuri possibili, il vettore low cost numero 1 in Europa per trasporto passeggeri ha preso in considerazione la possibilità di ritirare i diritti di voto degli azionisti non comunitari, incoraggiandoli così a vendere le loro azioni. C’è anche chi spera, invece, in un anno di transizione post-Brexit: sembra che gli amministratori delegati delle due società abbiano già avanzato ai negoziatori tale richiesta che, se assecondata, consentirebbe loro di trovare soluzioni migliori per quanto riguarda le partecipazioni azionarie.