Secondo l’Annual Report 2016 (pubblicato ieri e significativamente titolato “For a world of trust”), in un mondo sempre più urbanizzato e sempre più connesso, l’impegno per la protezione dei dati è diventato il tema centrale: più dell’80% dei consumatori nel mondo – illustra il report – temono che i loro dati personali siano rubati o utilizzati per fini non autorizzati; ma il 62% dei consumatori sono pronti a condividere più informazioni personali per poter accedere a servizi digitali.
Nel 2016 sono stati spesi 130 miliardi di dollari nel mondo in data and business analytics. E ancora: il 92% delle società in Francia, Germania e UK temono di non essere in grado di affrontare la sfida della protezione dei dati e di essere in linea con le nuove norme in materia. Le società stanno attuando misure di sicurezza sempre più stringenti e i governi stanno adottando norme sempre più puntuali, ma ciò non è sufficiente per ricreare un clima di fiducia.
Da qui discende lo sforzo di Bureau Veritas che ha attuato e si sta muovendo su tre livelli di certificazione: quella su base volontaria in risposta alle norme Ue sul General Data Protection regulation (GDPR), la certificazione a prova di privacy, che non richiede la trasformazione dell’intera architettura IT, e, infine la governance certification che si focalizza sul management system e non richiede audit tecnici sulle risorse.
Quest’ultimo tipo di certificazione per certi aspetti riconducibile alla Corporate Social responsibility, prevede un processo continuo di miglioramento nella gestione dei dati. Per altro sulla sostenibilità Bureau Veritas sta investendo consistenti risorse professionali, con effetti trasversali su tutti i settori in cui opera. Con un fatturato salito a 4,55 miliardi di euro, 69.000 dipendenti, 400.000 clienti e 1400 fra uffici e laboratori, la multinazionale della certificazione, ha archiviato anche un’eccezionale 16,2% sales margin, il più alto registrato nel suo settore.