Così il Rapporto PMI Mezzogiorno 2017, curato da Confindustria e Cerved con la collaborazione di SRM–Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, fotografa la realtà delle piccole e medie imprese di capitali del Sud alla fine del 2016. I dati del Rapporto certificano un apprezzabile miglioramento della fiducia nelle prospettive dell’economia meridionale: 18mila nuove imprese di capitali sono nate al Sud solo nei primi 6 mesi dell’anno, ma in gran parte si è trattato di piccolissime imprese, con meno di 5mila euro di capitale versato.
La voglia di fare impresa, al Sud, resta dunque molto alta, ma le imprese nuove nate non hanno dimensioni tali da sostituire la capacità produttiva andata distrutta con la crisi. In tal modo si consolidano le caratteristiche tipiche del tessuto produttivo meridionale, e in particolare la sua frammentazione.
Per le circa 25mila imprese di capitali che rispettano i requisiti europei di PMI (10-250 dipendenti e fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro) e che sono rimaste sul mercato dopo la crisi, cresce il fatturato (+3,9% tra il 2014 e il 2015) anche oltre la media nazionale; aumenta il valore aggiunto che supera per la prima volta i valori pre-crisi (+4,9%); tornano a crescere gli investimenti (7,4% in rapporto alle immobilizzazioni, contro il 5,1% dell’anno precedente e oltre il 7,2% del 2009) e i margini operativi lordi (+5,7%), che proseguono la risalita dopo anni di difficoltà.
Ancora troppo poco però per compensare la pesante caduta dei profitti degli anni precedenti: nonostante la ripartenza, infatti, i margini lordi delle PMI meridionali rimangono del 33% più bassi di quelli del 2007. Un gap profondo che richiederà anni per essere colmato. I debiti finanziari tornano a salire dopo un periodo di contrazione, segnale che la morsa del credit crunch si è ormai attenuata, ma sono più sostenibili rispetto al passato.