22 febbraio 2017 - Situazioni diverse ma accomunate dalla necessità di dare finalmente seguito – con prospettive di vero sviluppo - a ciò che è stato bloccato per troppi anni. E' questa la similitudine più evidente tra i waterfront di Trieste e Napoli, emersa lunedì scorso alla conviviale del Propeller Club triestino, che ha visto la partecipazione di docenti universitari e rappresentanti delle istituzioni su un tema particolarmente delicato per entrambe le città.
Ad aprire la discussione Pietro Spirito, da poco nominato presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Tirreno Centrale, che ha ripercorso la storia del “muro” che a Napoli divide il mare e la città e sottolineato la necessità di ricucire un rapporto, ad iniziare dal trasporto pubblico. «E' necessario definire funzioni strategiche, avere chiaro un modello di mobilità, avere sostenibilità economica. Tutto ciò – ha spiegato Spirito - significa legare il futuro del Porto a quello della città».
Un'improrogabile esigenza, quella di poter contare su una strategia, quella descritta anche da Zeno D’Agostino, presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, alla quale fa capo il Porto di Trieste. Concentrando il suo intervento soprattutto sul Porto Vecchio, da trent'anni in attesa di essere recuperato ad un qualche utilizzo, D'Agostino ha chiarito che «... prima di qualsiasi ragionamento la città dovrebbe dire in quale direzione vuole andare. L'intervento pubblico a Trieste deve dire ciò che non si può fare. In Porto Vecchio serve un atto che definisca che chi compra le aree abbia poi disponibilità dell'accesso al mare».
All'architetto Francesco Krecic della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia è toccato spiegare che i vincoli architettonici non devono sempre essere visti come limitazioni, mentre a Giulio Bernetti, dirigente del Comune di Trieste (Area città e territorio) il compito di attrarre l'attenzione sulle questioni delle reti di sottoservizi e del trasporto pubblico, che sembrano essere oggi i due maggiori ostacoli alla fattibilità economica di un progetto di sviluppo dello stesso Porto Vecchio.