Al termine della proiezione dibattito con il pubblico insieme con Gigi Di Fiore, giornalista de Il Mattino, Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico, Angelo Forgione, scrittore e blogger, Giovanni Villone, docente di Bioetica e Storia della Medicina dell’Università del Molise e Emilio Lupo, psichiatra. Sottoscrizione a piacere. In Sulla via dei Mille con mio padre, il regista Marco Rossano ripercorre l’itinerario compiuto da Giuseppe Garibaldi del 1861, in un viaggio insieme al padre malato di Alzheimer, per recuperare memorie personali e collettive. È l’occasione per raccontare la storia personale e professionale di un uomo e di un medico, Fausto Rossano, già direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl Napoli 1 e ultimo direttore sanitario dell'ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli.
Al tempo stesso, il viaggio tenta di approfondire gli avvenimenti che hanno portato alla costituzione di una nazione, l’Italia che non si è mai veramente formata raccontando le sopraffazioni e le violenze commesse nel Sud dai piemontesi, in quella che fu una vera e propria conquista con le armi. Racconti personali e storici si mescolano, per dare forma all’identità di un individuo e di un popolo, articolata su due livelli, uno generale e collettivo, l’altro familiare e personale. Il viaggio del padre e del figlio, diventa così, l’occasione per raccontare un po’ della propria storia familiare, dell’importante opera di dismissione del Bianchi e del lavoro di un medico.
Il progetto nasce nel 2011 in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, criticata da più parti per il modo in cui si è realizzata e le conseguenze negative che ne sono scaturite, ancora oggi sono sotto gli occhi di tutti. L’Italia è un paese socialmente, economicamente e culturalmente diviso e frammentato, che non si è mai sentito veramente unito e in cui il Sud non riesce a colmare il divario con la parte settentrionale del paese. Ma è sempre stato così? Antonio Gramsci affermava che l’unità avvenne non su una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord che si arricchiva a spese del Mezzogiorno e il cui incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l'impoverimento meridionale.