E' questo il duro j'accuse di Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, che intervistato da H2Oil chiede al Governo maggiore chiarezza sulla reale situazione internazionale dopo i bombardamenti americani su Sirte che, secondo quanto dichiarato dal Presidente Barack Obama, dureranno almeno un mese. Una situazione altamente instabile che danneggia tutte quelle aziende che operano nel settore dell'oil e gas in Libia.
"Per noi la situazione è critica - ha proseguito Marsiglia - le assicurazioni hanno immediatamente innalzato le polizze, abbiamo criticità con le lettere di credito delle banche e sulle prenotazioni per i moli dove devono attraccare le navi. Una situazione drammatica per le aziende e come FederPetroli in questo momento consigliamo di non avvicinarsi al territorio libico. Non sappiamo quanto dureranno i raid, ma soprattutto ci allarma il silenzio di un'azienda come ENI che ha in Libia circa il 25% del suo business, ma che ha interrotto ogni tipo di comunicazione sulla reale situazione nel Paese. Purtroppo la Libia è divisa e dei tre governi in carica uno solo è riconosciuto dalla comunità internazionale, il che rende tutto più difficile. Di fatto siamo tagliati fuori da ogni tipo di comunicazione, una situazione che alla lunga non è più sostenibile e crea un clima di incertezza per le nostre aziende".Il Presidente di FederPetroli Italia, tornando poi a parlare della situazione del centro oli di Viggiano (Potenza), non risparmia un'altra stoccata ad ENI:
"Mi chiedo per quale motivo lo stabilimento sia stato chiuso per tutti questi mesi, quando si poteva andare avanti almeno con parte della produzione. Rimaniamo perplessi dal comportamento di Eni".E' intanto di oggi la notizia che i pm di Potenza, Francesco Basentini e Laura Triassi, che coordinano l'inchiesta sulle estrazioni petrolifere in Basilicata, hanno dato parere favorevole al dissequestro del Centro Oli dell'Eni, in base alle verifiche effettuate nelle ultime settimane dai consulenti della Procura. Nel centro oli di Viggiano, fino al 31 marzo scorso - quando l'inchiesta portò al sequestro di alcune strutture - venivano trattati circa 75 mila barili di petrolio al giorno. Ora potrà riprendere l'attività.