Secondo studi di settore, infatti, le piccole e medie imprese sono il bersaglio preferito degli hacker: il 71% di tutte le violazioni dei dati, tese soprattutto all’acquisizione fraudolenta di conoscenze e proprietà intellettuale, sono contro le aziende con meno di 100 dipendenti. Si tratta di una fetta importante del sistema economico nazionale, sia per il loro grande numero - rappresentano oltre il 90% del tessuto industriale italiano - sia per il bagaglio di competenze che le caratterizza. Un patrimonio che deve essere adeguatamente protetto dalle minacce che possono svilupparsi nei suoi confronti in campo cibernetico.
La frammentazione, le limitate dimensioni e disponibilità finanziarie individuali di queste entità comportano l’esigenza di mettere a punto un efficace sistema di difesa e protezione cibernetica coordinato da quegli enti esterni che, per capacità tecnologiche e finanziarie, hanno già avuto modo di organizzarsi per fronteggiare i rischi provenienti dalla rete.
Parte da questo assunto la relazione di Andrea Biraghi, capo della Divisione Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni di Finmeccanica, che individua nello spionaggio cibernetico una nuova e reale minaccia per le piccole e medie imprese italiane e propone un approccio collaborativo tra queste, la grande industria e le istituzioni, per garantire modelli di protezione allo stato dell’arte e, di conseguenza, mantenere un livello adeguato di competitività per queste realtà e per il Paese intero, con costi e investimenti controllati.