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“Governance”: luci ed ombre sul decreto Delrio


29 febbraio 2016 - Dalla Sala Cavalcoli alla Camera di Commercio di Ravenna dove si è tenuta l’Assemblea generale dell’International Propellers Club e il Convegno sulla Governance dei Porti , l’approfondita analisi del Decreto Delrio accende profonde riflessioni tra la politica e il mondo dell’impresa quando nel grande “puzzle” disegnato dal decreto mancano alcuni fondamentali tasselli per identificare il concreto rilancio della portualità nazionale.

In stretto dialetto romagnolo c’è chi lo definisce una “fuffa”, chi un complesso percorso da rivedere nel rapporto tra i futuri presidenti delle 15 autorità di sistema che coinvolgono circa una sessantina di porti e le rappresentanze degli enti locali, ma anche sotto il profilo occupazionale, quello dell’arbitrarietà nell’applicazione delle norme della sicurezza e della safty , il problema degli escavi , il ruolo delle capitanerie ecc. ecc.

Il convegno ha fornito un’oculata “radiografia” del decreto soprattutto per quanto riguarda gli effetti che tali norme avranno, a ricaduta, sulle varie situazioni locali, sulla nomina dei futuri presidenti, “che non dovranno essere né vittime né complici del Comitato di gestione” ma espressione e sintesi del corretto rapporto tra la “politica e la tecnica” .

 Dunque ancora nulla di concreto se non - come ha affermato Filippi - la volontà di riassettare e quindi di rifondare l’intera portualità italiana” che, in alcuni casi, passerà a sistemi portuali multiscalo costituiti per aggregazione generando nuove dinamiche, nuove opportunità ma anche moltI nuovi problemi ancor tutti da risolvere.

 Un passaggio che – secondo Filippi – sarebbe dovuto avvenire in modo organico e con legge parlamentare affrontando prioritariamente più che la governance i temi dell’occupazione, delle concessioni, dell’autonomia finanziaria, per arrivare ad una portualità nazionale concorrenziale e competitiva in Europa piuttosto che, come potrebbe avvenire, ad una concorrenza implosiva tra porti viciniori dove ogni regione ha il proprio sistema portuale.

Poche chiacchiere ma punti fermi quelli illustrati dal vicepresidente di Assoporti Franco Mariani che ha ricordato come il Piano della Logistica e della portualità sia a tutt’oggi un piano di buonsenso; che ogni infrastruttura può e deve rendere se direttamente collegata al mercato assicurando per i privati la necessaria redditività dell’investimento.

Riferendosi espressamente ai porti , tre sono i punti fondamentali da tener ben presenti: il rapporto tra la crescita di porti e la crescita dell’economia; il porto è un’attività che appartiene al terziario e il suo sviluppo è direttamente collegato a quello del secondario e del primario; il porto rappresenta il 3,4% del costo della catena logistica. Riferendosi alle grandi infrastrutture in progetto, come l’offshore/onshore di Paolo Costa , Mariani taglia corto: “Lo stato non può fare concorrenza a se stesso” quando è , in ogni caso, la nave che cerca la merce! Ha poi invocato un sempre più stretto rapporto tra il porto e la città ricordando come l’Autorità Portuale del Levante sia riuscita ad armonizzare tale percorso nel coinvolgimento dei territori interessati alla portualità pugliese mentre Marco Simonetti di Assiterminal ha fatto un’ampia ed approfondita analisi sui punti a favore e quelli a sfavore del Decreto ricordando tra l’altro l’esigenza e l’urgenza di adottare “regole certe” nella competizione per non penalizzare gli interessi nazionali ed internazionali a favore di quelli locali soprattutto nel complesso comparto del trasporto rappresentato dalla logistica.
 Massimo Bernardo

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