Non è l’ambiente ideale per far prendere quota all’incremento del PIL italiano. Tanto più che il credit crunch è stato sì un po’ allentato, ma rimane zavorrata l’erogazione di prestiti alle imprese a causa della grande mole di sofferenze, la stretta regolamentare sui requisiti di capitale delle banche e l’entrata in vigore del bail-in (che è più penalizzante per l’Italia): un ostacolo serio per la risalita dell’attività economica.
L’ulteriore forte caduta del prezzo del petrolio aggiunge spinta al reddito disponibile nei paesi consumatori (per il Belpaese vale uno 0,2% di PIL in più quest’anno), però nell’immediato è insieme specchio e fonte di instabilità internazionale. Tutte queste fibrillazioni segnalano che lo scenario è diventato più sfidante, con maggiori rischi al ribasso.
Tuttavia, il quadro resta favorevole. Gli USA vivono una ripresa robusta, come dimostrano l’andamento dell’occupazione e i segnali di ritorno degli ordini esteri, anche se il primo trimestre soffrirà del solito maltempo e degli ulteriori colpi inferti all’industria petrolifera. L’Eurozona continua ad avanzare a passo moderato.
La Cina rallenta secondo le attese e la buona notizia è che la ricomposizione dalla manifattura al terziario si sta realizzando, sebbene con inevitabili scossoni. A peggiorare, piuttosto, sono Brasile e Russia; l’India registra qualche debolezza. In tale contesto, il ritmo di recupero italiano è rimasto fiacco, ma c’è stato un buon rilancio dell’export, che sarà sostenuto dai mercati dell’Eurozona. La domanda interna sale tirata soprattutto dai consumi; gli ordini domestici registrano forti incrementi.