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In Italia solo i "piccoli giganti"?


Nella foto Michele Pappalardo, Presidente Federagenti, durante in convegno - 17 Dicembre 2015 - In Mediterraneo arrivano navi portacontainer lunghe quattro campi di calcio, ma per i porti italiani esistono scarse speranze di attrarle. I ritardi nella riforma portuale e nel Piano della logistica contribuiscono ad alimentare l’incertezza. I rischi di una bolla finanziaria incombono sull’interscambio mondiale via mare.

 I porti italiani, pochi porti italiani, potranno ospitare solo navi sino a un massimo di 15, forse in casi eccezionali, 16 mila teu. E ciò non solo perché le infrastrutture portuali e le dimensioni dei nostri porti non consentono l'ingresso di navi lunghe quattro campi di calcio di San Siro, larghe 60 metri e con uno scafo immerso per oltre 17 metri. Questo l'identikit dei nuovi colossi da 21mila containers. Ma specialmente per due motivi economici di base: 1) non esiste in Italia, se non si realizza una effettiva concentrazione in pochi poli portuali, il mercato in grado di garantire il carico sufficiente ad alimentare questi giganti 2) le strategie già decise dalle grandi concentrazioni che in una corsa ormai incontrollata stanno investendo in navi giganti, non prevedono scalo in Mediterraneo se non occasionalmente a Malta, in carenza di strategie politiche italiane coerenti.


Quindi le super navi provenienti dall'estremo oriente allo stato attuale scaleranno solo in Nord Europa. Di fronte a queste indicazioni emerse con forza ieri a Roma, dai lavori del convegno voluto da Federagenti sul tema “Il confine dei giganti” e quindi sulla più traumatica rivoluzione nella storia dell’interscambio mondiale via mare, gli agenti marittimi, e più in generale l’intero cluster marittimo italiano, denunciano anche una fragilità complessiva del sistema Italia. Tutti gli interventi legislativi, regolatori e infrastrutturali del settore – ha affermato il presidente di Federagenti, Michele Pappalardo – sono fermi al palo e il paese si trova a subire passivamente scelte sulle quali non può incidere perché non può neppure contare sulla definizione di un piano logistico o su scelte precise su quali porti (e su quali sistemi infrastrutturali coerenti) potranno ambire a un ruolo sulle grandi rotte del trasporto container.

E questa incertezza risulta ancora più rischiosa visto che in un quadro di riferimento di mercato mondiale, quello in cui hanno fatto irruzione le navi giganti (oggetto di contratti di costruzione sempre più frequenti da parte delle grandi compagnie di trasporto container) che sembra navigare a vista.

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