Nel documento si sottolineare che la contrarietà non può essere semplicisticamente snobbata intendendola come “difesa del proprio orticello” e si afferma che i veri problemi dei porti italiani sono noti: procedure di nomina dei presidenti; tempi di approvazione e realizzazione di progetti, varianti, dragaggi; urgenza di una reale sburocratizzazione; macchinosità dei controlli di sdoganamento, etc.
Nessuno, ma realmente nessuno di questi problemi viene risolto dall’accorpamento, che, anzi, finirà con burocratizzare ancora di più i pur necessari ed indispensabili processi di riqualificazione degli scali marittimi.
“D’altra parte – si afferma nel documento - un provvedimento serio di aggregazione del sistema portuale in macro-aree logistiche, come originariamente si immaginava, avrebbe dovuto puntare a non più di sei distretti - Nord-Est, Nord-Ovest, Sud-Est, Sud-Ovest, Sardegna e Sicilia - mentre, invece, e qualche ragione ci sarà, il provvedimento che sembra di imminente attuazione garantisce ai porti del Centro e del Nord Italia il mantenimento della propria autonomia (Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona), ed a tutti i porti del Sud accorpamenti in Autorità Regionali (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). La Liguria manterrà due Autorità (Genova e La Spezia) e sta combattendo per ottenerne anche una terza (Savona), mentre la Campania (seconda regione marittima d’Italia) ne dovrebbe avere solo una con sede a Napoli”.