ultimi anni la drammatica excalation di quello che fino a ieri è stato il più importante home port del Mediterraneo . Non tanto per il comunque cospicuo numero di crocieristi movimentati quanto invece per la sua funzione all’interno di un sistema crocieristico adriatico prima e, poi mediterraneo, come ha ben dimostrato nelle sue ricerche Francesco di Cesare: “Se si penalizza Venezia va in crisi tutta la crocieristica che scala l’Adriatico – sintetizzando la tesi della corposa indagine di Servizi e Turismo. Lo sostengono pure gli amici croati, montenegrini, albanesi e greci dell’altra sponda che come e con le grandi compagnie di navigazione attendono certezze sul destino crocieristico della Serenissima.
Ad alzare i toni, invitando il governo a far presto sul prendere una decisione definitiva con particolare attenzione ad annessi e connessi infrastrutturali (l’escavo del Contorta – Sant’Angelo, il Venice Cruise 2.0 di De Piccoli, DP Consulting e Duferco, o la realizzazione di un terminal a Marghera ecc, ecc, n.d.r.) è il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa che, ribattendo alle critiche colpo su colpo, se fino ad ieri aveva sostenuto il suo progetto oggi appare più disponibile a “trattare” sull’ipotesi Duferco, ovviamente a certe condizioni che riguardano essenzialmente il mantenimento di un certo traffico in Marittima e l’escavo del “suo canale”.
Continua peraltro il pressing, con manifestazioni pubbliche, pubblicazioni, dibattiti, denunce e chi più ne ha più ne metta, dei Comitati contrari al passaggio delle grandi navi per il bacino San Marco e all’escavo del Contorta. In questo colorito contesto entrano a gamba tesa i candidati sindaci che, guarda caso, mettono il porto e il suo destino come argomento clou dei loro programmi elettorali. Insomma tutti cavalcano la causa a modi “Cicero pro domo sua” mentre altri porti viciniori e non, si stanno facendo in quattro per attirare navi e crocieristi nelle proprie banchine.
Dunque se a Venezia la politica è entrata in porto, dal porto, invece, per ora se ne vanno le grandi navi con grande dispiacere ovviamente ma con l’assoluta certezza di dover far quadrare i conti che, vuoi per il giusto ma oneroso accordo Blu Flag appena sottoscritto, vuoi per il costo elevato dei servizi tecnico-nautici vista la morfologia della laguna, vuoi per le tariffe d’ormeggio ecc.ecc. – a detta degli armatori – Venezia è uno tra i più costosi porti del Mediterraneo, comunque per ora regolarmente schedulato per l’unicità della location. Ma fino a quando potrà durare la magia dell’attuale home port veneziano a fronte del gigantismo navale in atto anche nella produzione crocieristica e dei costi del soggiorno a bordo, sempre più bassi, praticati dalle compagnie di navigazione?
A questo punto Autorità Portuale e V.T.P. dovranno giocoforza girare pagina e trovare nuove alternative: quali dopo che l’Autorità Portuale dovrà mettere le sue quote (34%) sul mercato?
E qua il discorso si fa più complesso e tutto da verificare.
Il dato certo è che nel 2016 Paolo Costa non sarà più il presidente dell’APV mentre è già apparsa in questi giorni la notizia su un quotidiano nazionale (Il Secolo XIX n.d.r.) che ci sarebbe già un’intesa per Paolo Costa presidente di VTP e Cesare De Piccoli alla presidenza di APV. Domanda: “Da dove nasce questa ipotesi” o è solo un’altra “butade” di qualche “ghiottone” per sparigliare le carte in tavola? Sull’argomento, in Città, nessuno “batte becco” mentre qualcuno da dietro le quinte in relazione all’annunciata vendita delle quote di VTP si chiede: “Ma chi è la turca “Global ports” che risulterebbe interessata ai destini del porto crocieristico di Venezia?
Massimo Bernardo