servizio di ormeggio.
“Si costruiscono vettori sempre più grandi, dotati delle tecnologie più avanzate e ci si dimentica dell’ultimo miglio, potenzialmente il più pericoloso, poiché si svolge in spazi ristretti, con un traffico intenso”. Marco Mandirola, presidente dell’International Boatmen’s Linesmen’s Association – IBLA, è reduce dall’Assemblea dell’associazione tenutasi a metà settembre a Reggio Calabria, dove ha annunciato l’adesione dei rappresentanti del settore di Argentina, Montenegro, Portogallo e Abi Dhabi.
“Un ulteriore tassello – spiega a PORTO&diporto – della nostra strategia di allargamento della rappresentanza, elemento chiave per raggiungere i nostri obiettivi di sicurezza ed efficienza globale nella conduzione del servizio d’ormeggio”.
Che cos’è IBLA?
Siamo un’associazione “no profit” nata nel 2006 a Ravenna con lo scopo di confrontarci per un proficuo scambio di informazioni, esperienze, competenze tecnico – nautiche. Ad oggi, riuniamo le società d’ormeggio di quasi tutta Europa, della costa del Pacifico degli Stati Uniti, della Tunisia, in rappresentanza di quattro continenti. L’idea è fare leva sui legami associativi transnazionali per omogeneizzare le diverse istanze e ridurre la tendenza rischiosa a mettere in secondo piano temi fondamentali quali il rispetto delle regole e i diritti primari.
Quali sono gli obiettivi principali della vostra azione?
Puntiamo alla definizione di standard minimi e vincolanti a cui tutti dovrebbero adeguarsi. Essenziale, in quest’ottica, l’ottenimento in ambito IMO della revisione del testo delle “Linee Guida” del 2005, accorpando in un unico momento terra/mare l’attività d’ormeggio. Non può esistere un operatore che svolga unicamente il lavoro in banchina con standard professionali diversi, o addirittura non richiesti, da colui che opera in mare su motobarche: l’interscambiabilità dei ruoli esiste da sempre. Poi c’è la questione del riconoscimento come “Membri Auditori”.
Giovanni Grande
(leggi l’intervista completa su PORTO&diporto settembre 2014)