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Da dove nasce questa passione?
Dopo una laurea in informatica ed esperienze lavorative a Milano e Roma ho scelto di tornare a Salerno. Ho dovuto imparare tutto da zero e riconquistare un nuovo rapporto con la città e le attività del suo porto che avevo osservato con curiosità fin da bambina. La natura della nostra attività, l’agente marittimo, ha fatto il resto. Come interfaccia tra le operazioni di terra e quelle di mare maturi una conoscenza delle situazioni umane che trascende il solo aspetto operativo.
Come giudica i successi dello scalo?
Il sistema portuale ha dimostrato di poter competere a livello internazionale ma rischia, alla lunga, di morire di troppa salute. Non è una contraddizione. La crescita di traffici fa emergere la difficoltà storica a trovare spazi retroportuali. E non essere in grado di assecondare la crescente domanda di servizi ci espone al rischio di perdere quello che è stato faticosamente guadagnato. A questo punto credo sia il caso di pensare in modo serio ad attivare sinergie con Napoli.
Un’ipotesi che ha prodotto non poche polemiche.
Ho la tendenza a guardare il bicchiere mezzo pieno. Se sarà presa la decisione dell’accorpamento Napoli – Salerno bisognerà per forza di cose rimboccarsi le maniche e guardare a sviluppare un sistema integrato. Un’ipotesi che non potrà non passare da un superamento della situazione attuale: due porti slegati dalla ferrovia non hanno futuro.
Basta questo?
Certo che no. Essenziale sarà lo sviluppo del concetto di smart port. Nel Nord Europa l’hanno capito e hanno spinto con forza verso l’automatizzazione dei processi. Infine, la consapevolezza.
In che senso?
Manca l’esatta conoscenza del mondo dello shipping e della logistica, della loro capacità di trainare l’economia, di essere occasione vera di sviluppo. I territori ormai non danno più importanza ai porti e da questo sono penalizzati, al di là dell’economia. Ogni scalo è anche una finestra che guarda sul mondo, è un luogo che permette di mescolare culture, conoscenze, visioni della vita. E in questo ritorno alla situazione da “invisibili” che vivono i marittimi oggigiorno. Senza punti di riferimento a terra, senza la possibilità di arricchire la loro e la nostra conoscenza viene meno la funzione civilizzatrice del mare, il suo essere ponte tra le culture. Anche impegnarsi per questo arricchisce la vita.
Giovanni Grande
(leggi l’intervista completa su PORTO&diporto Giugno 2014)