C’è una pasta che spinge sull’innovazione. E a spingerla è un imprenditore di quinta generazione. Si chiama Luca Ferrara che dal nonno ha ereditato l’arte di fare la pasta coniugando storia e innovazione; due fattori
inscindibili che hanno consentito all’azienda nolana di ottenere in pochi anni sette certificazioni internazionali di qualità e quattro invenzioni di impianto brevettate. Attestazioni che hanno contribuito a fare dell’azienda il punto di riferimento in Italia nella produzione di pasta conto terzi, ma soprattutto a spingere le vendite all’estero. Tanto che nel 2013 l’export ha registrato un fatturato pari a circa 50 milioni di euro, sui 70 conseguiti complessivamente. Numeri di tutto rispetto, soprattutto se ottenuti in tempi di crisi economica e dei consumi. Ne parliamo con Luca Ferrara, amministratore unico del Pastificio Guido Ferrara.
Quali sono i futuri programmi? Il piano industriale parte da un investimento di 6 milioni di euro per la realizzazione di una nuova linea di produzione di pasta corta, il relativo impianto di confezionamento e di pallettizzazione finanziati dalla Sace con 4 milioni di euro.
Qual è l’obiettivo? Incrementare soprattutto le vendite in Africa, Asia ed Australia dove siamo peraltro già presenti. E rafforzare il brand negli States dove è posizionato al terzo posto nel gradimento e utilizzo dei ristoratori locali.
E il mercato interno? Oggi il brand Pasta Ferrara è presente sul mercato nazionale con cinque formati brevettati: Tirasugo, Di 5 in 5, Bucatini elicoidali, Pietre del Vesuvio e Siamesi. Ma il piano industriale, reso concreto con un investimento di circa 40 milioni di euro negli ultimi tre anni, prevede il potenziamento del brand anche in Italia, senza tuttavia tralasciare il mercato estero che rappresenta il core business aziendale e quello conto terzi. Si tratta di aziende ben presenti sugli scaffali della grande distribuzione, ma anche del consumo di nicchia.
Eduardo Cagnazzi
(leggi l’intervista completa su PORTO&diporto Giugno)
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