(NA), e resteranno esposti fino al 30 giugno 2014. In questi scatti Evan De Vilde, si è divertito a sperimentare nuovi linguaggi nell’ambito della fotografia, facendo ricorso ad una tecnica particolare, poco conosciuta dal grande pubblico, ma di certo apprezzata da estimatori e addetti ai lavori: la scanografia, ottenuta attraverso l’uso di uno scanner opportunamente adoperato.
I risultati sono entusiasmanti e talvolta suggestivi. Come di consueto, l’artista utilizza oggetti originali provenienti da un passato più o meno remoto, come reperti archeologici, fossili o utensili tipici di un determinato periodo, che siano in grado di rievocare tradizioni e momenti passati. Questi oggetti vengono poi reinseriti in un contesto anomalo, con connotazione di forte modernità, rompendo gli schemi e ogni sorta di certezza, con l’obiettivo di stimolare la riflessione dello spettatore, non solo per sorprendere o stupire, come avviene in certe performance cui ci ha abituato l’arte moderna, ma in maniera colta e raffinata, che ci costringe ad approfondire, ad entrare nella dinamica dei suoi concetti, con un approccio quasi didattico.
Tra le venti opere esposte, “A Buon Mercato” improbabile proposta su di un immaginario banco di vendita, dove si offre un fossile con due monete antiche, tutto materiale rigorosamente inventariato, il tutto caratterizzato dal perfetto equilibrio cromatico della composizione; “Modelli” due pagine tratte da antiche pubblicazioni di diversa matrice, una in latino e l’altra in arabo, sono sovrapposte ad una terza tratta da uno spartito musicale, ponendo in evidenza la grandissima e mai sufficientemente valutata importanza della scrittura, con la quale non solo possiamo esprimere pensieri e concetti nei vari contesti linguistici, ma anche proporre linguaggi diversi, come ad esempio quello musicale; e “Strumentazione” un assortimento di oggetti che evocano una sala operatoria: due forbici di diversa misura ed una pinzetta. Con una delle sue frequenti e ponderate “contaminazioni” De Vilde vi abbina due strumenti chirurgici arcaici, legando così, attraverso una frattura temporale, epoche e culture profondamente diverse aventi in comune l’operosità e l’ingegno umani.