salute del cluster marittimo. Al volgere di un 2003 negativo, “ma con lievi segnali di ripresa che lascia qualche speranza per il 2014”, ne parliamo con il Presidente, Michele Pappalardo.
Il ministro Lupi ha rilanciato, dopo l’esordio all’Assemblea di Assoporti, l’idea di una riforma portuale incentrata su 6-7 distretti logistici, cosa ne pensa?
È una proposta che va nella direzione prospettata da Federagenti nel corso dell’audizione alla Camera per la revisione della legge 84/94. La nostra idea è partire dai sistemi regionali per creare successivamente un coordinamento nell’ambito del sistema nazionale. Ciò permetterebbe di ovviare a quella scrematura dei porti commerciali dovuta alla mancanza di una seria politica logistica. L’insufficienza di una rete terrestre efficiente e razionale ha impedito la selezione dovuta al mercato dei troppi scali che, per storia e conformazione geografica della penisola, caratterizzano le nostre coste.
Dunque, abbandonare la revisione della 84/94 al suo destino?
Il ministro ha annunciato per marzo la presentazione della nuova proposta, bocciando in modo definitivo una discussione che si è trascinata per quasi 14 anni. Nel frattempo, il mondo marittimo ha conosciuto rivoluzioni radicali. Per quanto ci riguarda abbiamo spinto per l’autonomia finanziaria delle Ap e per una visione nazionale che integrasse e accorpasse i vari porti. L’idea di Lupi ci convince, quando sarà il momento vedremo e giudicheremo. Purchè non si perda ulteriormente tempo.
In quest’ottica prospetta una rapida integrazione tra Napoli e Salerno?
Certo ma a precise condizioni. Due scali sotto una regia comune, a servizio del bacino regionale, hanno senso solo se si abbandonano i campanilismi favorendo la ricerca delle migliori soluzioni logistiche. Attenzione però ai carrozzoni. Dare vita ad un’unica Autorità portuale è un’operazione a rischio, l’elefantiasi è sempre dietro l’angolo.
Giovanni Grande
(leggi l’intervista completa su Porto&diporto edizione Dicembre)