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La formazione della gente di mare


Oggi, a mio parere, gli armatori considerano la formazione in maniera direi contradditoria: la considerano “mediaticamente” importante e lo dimostra il fatto che molti di essi, specialmente i più grandi, hanno creato nella loro organizzazione il dipartimento “human resources”; la considerano, in realtà,  una seccatura infatti dopo aver creato il dipartimento “HR” non ci vogliono più pensare e lo fanno gestire, normalmente, da laureati in risorse umane, scienze della formazione, etc, masterizzati, per lo più giovani perché è relativamente giovane la loro specializzazione, per lo più donne perché meglio predisposte alla gestione dei rapporti umani.
Nella maggioranza dei casi questo è un serio problema.

Mi spiego: avete mai avuto la sensazione che a volte le persone che si proclamano grandi esperti, grandi conoscitori e intenditori di un settore siano in realtà altamente ignoranti? E, soprattutto, non se ne rendonoconto?
Si potrebbero – ad esempio - avere dei contatti con una grande società di navigazione, dove il mitico “comandante d’armamento” è affiancato della dottoressa esperta nella gestione delle risorse umane. Grande conoscitrice – a suo dire – di tutti gli “skill” trasversali che un ufficiale, un comandante dovrebbe e deve avere per svolgere il suo mestiere in linea con i tempi moderni.

Convinta fortemente che il Comandante e/o l’ufficiale debbano possedere i requisiti globali richiesti dal “mercato” internazionale dello shipping anziché quei requisiti specifici che li fanno sentire “contenti” di lavorare per quella particolare compagnia di  navigazione.
Lontana però da quella competenza particolare, indispensabile per gestire persone che non hanno scelto un mestiere ma un modo di vivere.

Quella competenza che ha sempre contraddistinto e che contraddistingue un vero e buon comandante d’armamento. E’ una competenza, anzi, una sensibilità, che si acquisisce esclusivamente vivendo a pieno contatto con chi vive la vita del mare, con entusiasmo, intensità e – soprattutto – umiltà. In quel modo di viveregli schemi, le procedure, le statistiche, i ruoli sono soggetti al mare nel senso più completo di elemento della natura.

Si possono aver fatto i migliori studi universitari, passato a pieni voti master più prestigiosi, ma se non si ha l’umiltà di voler entrare nelle pieghe del lavoro del navigante, capire i problemi, capire le capacità innate che lo contraddistinguono, spogliarsi di quello che si è imparato e re-imparare tutto assieme alla gente che va per mare, non si può assolutamente nemmeno pensare di avere le competenze sufficienti a gestire gli uomini di mare e invece, queste persone hanno una grande  difficoltà a riconoscere la propria incompetenza che le porta spessoa gonfiare la valutazione di sé stesse.

Dirigenti di “alto livello” non qualificati soffrono quindi di una illusoria “superiorità”, valutando le loro capacità molto più elevate di quanto non siano in realtà. Bisognerebbe dire a queste persone, senza tanti giri di parole, che esse sono realmente incompetenti. Purtroppo ricoprono quel famoso ruolo di “Manager HR” e sono stati in qualche modo investite di un certo potere e tu, se non vuoi suicidarti commercialmente, non puoi dirglielo. Ecco che non sei più allineato e sei fuori.

Chi invece le loda, le incoraggia e le fa sentire importanti (si arruffiana, per usare un termine marinaro) riesce a concludere con loro progetti di formazione in sintonia con richieste di dirigenti hrincompetenti che non credono (e non si rendono conto) di essere tali.
Il tutto sempre sulla pelle di chi va per mare.
Manuel Tavilla

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