Mentre viene ufficializzato proprio in questi giorni l’ordine di China Shipping al cantiere sudcoreano Hyundai Heavy Industries per la costruzione di cinque portacontenitori da 18.400 TEUS (400 metri di lunghezza e 58,6 metri di larghezza, in consegna nel 2014), più delle Maersk Triple E in arrivo in estate, il gigantismo navale è sempre più oggetto di discussione negli ambienti dello shipping, soprattutto in Italia, dove l’infrastrutturazione arranca da anni dietro alla dinamica di sviluppo dimensionale delle navi.
Anche da noi, però, c’è chi vede il bicchiere mezzo pieno.
“Il gigantismo ha fatto bene ai porti, perché ne ha aumentato l’efficienza. Oggi è senz’altro meglio per un terminal lavorare su una portacontainer da 14.000 TEUs che su quattro da 4.000 - spiega Domenico Bagalà, amministratore delegato di MCT – Medcenter Container Terminal, la joint venture fra Contship, MSC e APM Maersk concessionaria del terminal contenitori di Gioia Tauro, una delle strutture più all’avanguardia del terminalismo portuale nostrano - La crescita delle dimensioni delle navi è un processo oggi molto studiato. Si prevede ad esempio che il container resterà a lungo il format prevalente nel trasporto merci, ma anche che molto cambierà nelle modalità di stiva e, conseguentemente, nell’infrastrutturazione terrestre. Occorreranno probabilmente gru sempre più potenti, dotate di maggiore sbraccio e di maggiore altezza sotto spread, così come continueranno ad affinarsi i sistemi informatici per l’organizzazione delle operazioni di imbarco e sbarco”.
In ogni caso oggi le grandi navi non sono un problema nel porto calabrese, dove “ogni settimana arrivano mediamente 3 giganti da 14.000 TEUs e dove le banchine possono ospitare contemporaneamente anche sei scafi di quelle dimensioni”. Però le criticità non mancano, seppure di altro genere:
“Nei primi tre mesi dell’anno - prosegue Bagalà - abbiamo registrato un +20% circa nella movimentazione; un risultato che, seppur da ponderare coi risultati negativi del primo trimestre 2012, incoraggia e ci stimola a crescere ancora. A preoccuparci, però non sono i traffici né la congiuntura, certamente non al top, ma la siderale distanza dei nostri amministratori dalle esigenze del transhipment, tanto più grave se si considera che fra i concorrenti di Gioia – che non sono i porti italiani – ci sono non solo gli scali nordafricani avvantaggiati dalla non appartenenza all’UE, ma anche un porto come il Pireo dove, a dispetto delle infrazioni europee, i cinesi che lo controllano (Cosco, nda) hanno agevolazioni fiscali e sul costo del lavoro impensabili ovunque in Europa”.
Il risultato è che la competitività, a dispetto di una produttività che nel corso del 2012 ha raggiunto picchi di 30 movimentazioni orarie (sebbene Cecilia Battistello, vertice del gruppo Contship, abbia recentemente ricordato come molto resti da fare), è una chimera: “Secondo i nostri studi, se la situazione rimane invariata, noi e gli altri scali di transhipment italiani saremo competitivi con Nord Africa e Pireo non prima di 4-5 anni, quando cioè quegli scali saranno saturi e quindi giocoforza guadagneremo potere contrattuale. Crediamo tuttavia che qualcosa possa esser fatto anche prima, senza ledere le regole continentali sulla concorrenza”.
Il cahier de doléances di Bagalà va quindi di pari passo con le proposte che MCT avanza – e presto lo farà in forma strutturata e ufficiale Assiterminal, l’associazione di categoria cui Contship Italia si è recentemente iscritta – per la soluzione di questi problemi:
“Per anni ci è stato assicurato che gli sconti sulle tasse di ancoraggio per gli scali di transhipment avrebbero perso il carattere di estemporaneità per diventare strutturali e invece ad oggi non sappiamo se da luglio saranno ancora applicabili, mentre a gennaio le tasse portuali hanno subito gli aumenti noti e in attesa di un ulteriore rialzo per l’anno prossimo. Quindi il primo intervento per favorire il transhipment italiano dovrebbe riguardare proprio questo argomento. Poi si dovrebbe provvedere alla fiscalizzazione del 45% degli oneri sociali e all’applicazione della direttiva europea che consente l’abbattimento della tassazione sui carburanti dei mezzi di banchina, già vigente nei principali scali continentali”.
Da ultimo un suggerimento per così dire locale: “La Regione si è da tempo attivata per fare del retroporto di Gioia, già pienamente infrastrutturato, una ZES – Zona Economica Speciale, ma la pratica si è arenata al Ministero. Sbloccarla e consentire anche al porto di beneficiare di parte delle agevolazioni fiscali previste, ad esempio la summenzionata fiscalizzazione degli oneri sociali, significherebbe creare le condizioni per attrarre nuove imprese e sfruttare appieno il potenziale dello scalo”.
Andrea Moizo